L’umorismo è catartico.
Freud sosteneva che fosse una forma di espressione sublimata e socialmente accettabile di superamento delle barriere morali e sfogo pulsionale.
In termini più moderni potremmo tradurre lo stesso concetto in “un modo per dire quello che non si può dire alleggerendolo con una risata“.
L’umorismo è prima di tutto libertà: quindi è innanzitutto avere il coraggio di porre in luce le contraddizioni proprie e sociali senza ipocrisia.
A volte fa male?
Si, può essere uno scossone che tocca i nostri nodi individuali o collettivi irrisolti, soprattutto quando gioca su vizzi, difetti e storture.
Come fare quindi a capire se si tratta di becera presa in giro o di un atto catartico per sé e per gli altri?
La differenza la fa l’intenzione con cui si pone in essere.
Se l’intenzione è utilizzare il limite altrui o proprio per innalzare il proprio o altrui ego allora entriamo nel campo dell’umorismo servo, non liberatorio.
Se invece viene posto in essere per liberare dal peso eccessivo che diamo all’esteriorità, al concetto di normalità e lo si pone in essere per imparare a giocare con i propri e altrui limiti per andare oltre, per lasciare le tenebre del prendersi troppo seriosamente, allora non vi è malizia ma liberazione.
In questo gioco si pensa che la responsabilità sia tutta in chi produce l’umorismo, in realtà un detto veneto dice “No ghe xe paroea mal dita se no a xe mal tolta” tradotto “non c’è parola mal detta se non la si recepisce come tale”.
Questo saggio detto popolare indica una grande verità che spesso è costata cara ai comici e giullari di ogni epoca: la malizia e la cattiveria nelle parole del comico sono molte volte lette attraverso le proiezioni di irrisolti interni e non chiariti di chi ascolta. Lo stesso Platone ci ha insegnato con il mito della caverna il prezzo che può avere il far vedere la realtà.
L’umorismo vero e sano a volte ci obbliga a guardarci dentro e se è fatto bene prima di liberarci ci impone un’autoriflessione e una grande capacità di accettazione della limitatezza dell’essere uomo tra gli uomini.
L’umorismo è libertà quando non è al servizio dell’ego, quindi chi siamo noi per porre dei confini alla libertà quando nasce dal superamento dei nostri piccoli io narcisisti?
Forse chi critica l’umorismo e vede la malizia la dove c’è genuina ilarità è al servizio mascherato del suo stesso ego o dell’ego sociale ancora troppo gonfio per essere in grado di riflettere e accettare lo scherzo di un monello in buona fede che tenta solo di fargli notare che spezzare le catene dell’eccessiva seriosità non è una mancanza di rispetto ma un atto liberatorio.