UMORISMO D’IMPRESA: MASSICCI E INCAZZATI…O FORSE NO

Un amico, Helder, mi ha linkato ad un post di Anna, che non conosco personalmente ma ringrazio per lo spunto, dove riporta sconsolata, giustamente, un articolo di un noto sito di recruiting on-line in cui si cita una ricerca condotta da esperti di organizzazione aziendale dove emergerebbe che sorridere ed esprimere felicità al lavoro pregiudicherebbe carriera, stipendi e apprezzamento personale. La faccio breve.

In sintesi la mia risposta è questa: l’umorismo e il sorriso sono l’unica soluzione ai problemi creati da una società che si prende troppo sul serio.

Intanto sono felice che siti dedicato al mondo del lavoro si  interessino alla questione sorriso e magari in futuro auspico anche all’umorismo in azienda. Tuttavia mi permetto di dissentire sulla definizione, almeno da quanto trapela dall’articolo, del costrutto che si è andati a misurare: sorriso, persone più felici, persone che indossano occhiali colorati, persone che manifestano maggiormente  stati d’animo positivo. Insomma per chi si occupa, in modo specializzato, di psicologia positiva o dell’umorismo un gran calderone.

Ma la cosa più importante che andava evidenziata per non creare confusione e falsi allarmi è che nell’umorismo e in generale nella regolazione dell’espressione emotiva il primo principio è il senso di opportunità. E’ chiaro che se sorrido in faccia al mio capo quando è incazzato difficilmente farò carriere, questo è indice di una persona serena ma che presenta evidenti limiti relazionali. Oppure se mi presento in banca vestito come Mary Poppins è altrettanto facile che non farò carriere. In questo caso il problema non è del sorriso o della felicità ma del profilo personologico non attinente all’ambiente di lavoro e di un’immaturità relazionale che può derivare da altri limiti non imputabili alla serenità e alla capacità di vivere le proprie emozioni positive.

Secondo. Siamo sicuri che il problema sia sempre di chi sorride? Come ci sono le persone malate, ci sono le organizzazioni e addirittura le società malate: se Tizio vi dicesse che va a comprare le mele in Cina perché gli costano meno quando ha come vicino di casa un contadino che le produce, cosa pensereste di lui? Eppure è quello che il sistema economico attuale fa.

Il mondo del lavoro è spesso permeato da contraddizioni che il singolo subisce non comprendendole, perché a livello sistemico sono illogiche e nell’adeguarsi perde serenità. Mentre sembra strano, diverso e fuori dal normale  invece chi vive in modo sano e centrato su se stesso. Questa è una battaglia di consapevolezza che va affrontata.

Aggiungerei poi che spesso le aziende sono ancora permeate dal vecchio, sorpassato, inutile, infantile concetto di competizione intra e intergroup. In buona sostanza il messaggio che è passato sinora è che siamo tutti nemici e che il mondo è una giungla pensando così di aumentare la produttività e l’efficienza.

In questa situazione se alla mattina al lavoro arriva uno che sorride, è disponibile, sta bene con se stesso e se può ti da una mano è chiaro che ti sta sui coglioni (scusate il tecnicismo): ma vuoi far  fare carriera in un sistema così malato ad uno così sano? Rischi che ti guarisca il sistema! In realtà molti studi confermano che se nel breve periodi il clima di terrore e competizione da risultati, nel lungo sono il benessere organizzativo, un clima sereno e la condivisione di emozioni positive a fare la differenza. I più felici e sereni prendono meno? Certo perché mia nonna diceva sempre che chi si accontenta gode, non sono arrivisti e sono appagati dal clima aziendale. Perché invece dello stipendio o del ruolo non andiamo a misurare l’efficienza nel lungo periodo delle persone maggiormente serene ?

Soprattutto permettetevi di rassicurarvi:  come ci sono ricerche in questo senso ce ne sono molte di più che vanno in tutt’altra direzione e con più “operalizzazione” dei costrutti analizzati. Basti pensare alla mole di ricerche prodotte e di protocolli d’intervento realizzati nell’ambito della psicologia positiva e dalla psicologia umanistica e sempre più nell’ambito della psicologia dell’umorismo.

L’umorismo è un fenomeno psicologico complesso che comprende 4 dimensioni: cognitiva, bisogna capirlo, emotiva, bisogna lasciarsi andare al divertimento, fisiologica, dal sorriso fino alla risata, e relazionale, lo scambio con l’altro. Capite bene che per apprezzarlo e saperlo usare bisogna essere maturi e competenti in tutte e 4 le dimensioni, in altre parole bisogna essere persone mature e soprattutto sane.

Continuate a sorride facendo  sgorgare il sorriso dal cuore e non sbagliate mai. Se non vi vogliono non vi meritano. L’umorismo e il sorriso usati in modo sano allungano la vita perché trasformano i macigni che abbiamo dentro in farfalle che volando via fanno emergere il nostro potenziale, unica cosa di cui hanno veramente bisogno le aziende sane e che avranno un futuro.